Pubblicato su Piscine Oggi – 2013
Recentemente il settore dei costruttori di piscina è stato agitato da un problema che riguarda la possibilità o meno di esercitare la professione con un inquadramento corretto.
La situazione che ha generato il problema non è certo recente, poiché risale al 2008 e da allora non sono mai intervenute modifiche, ma per una serie di motivi è venuta alla ribalta negli ultimi mesi, generando preoccupazione e sollevando diversi quesiti e perplessità.
Si tratta dell’obbligo di abilitare l’impresa costruttrice di piscine presso la Camera di Commercio secondo quanto prevede il Decreto Ministeriale n.37 del 2008 che ha sostituito la Legge 46 del 1990 e che riguarda la professione degli installatori di impianti. Dal 1990 è stabilito che per effettuare interventi in campo elettrico, termico ed idraulico le ditte debbano poter rilasciare una dichiarazione di conformità del lavoro eseguito.
Il D.M. 37/08 ha incluso negli obblighi di adeguamento le pertinenze degli edifici, che nella 46/90 erano escluse, ed ha esteso la validità delle disposizioni a tutte le tipologie di edifici e non più solamente a quelli di tipo residenziale.
Ciò ha esteso l’obbligo di certificazione alle piscine, sia quelle residenziali che quelle a servizio di altre tipologie di costruzioni (alberghi, condomini, centri fitness, nonché le classiche piscine pubbliche). Insomma, a partire dal 2008 tutti i costruttori di piscina, per poter esercitare la propria professione, avrebbero dovuto iscriversi presso la Camera di Commercio provando di possedere i requisiti previsti almeno per quanto concerne quanto previsto alla lettera “d” dell’articolo 1 del D.M. che determina il campo di applicazione agli “impianti idrici e sanitari di qualunque natura e specie”.
Le attività che per la prima volta venivano investite dell’obbligo di iscrizione hanno goduto, per un paio d’anni, di facilitazioni ed agevolazioni nella iscrizione, ma il settore delle piscine è rimasto pressochè fermo, nonostante la questione fosse stata sollevata in più occasioni, principalmente a causa della mancanza di richieste di certificati di conformità da parte degli uffici tecnici comunali.
Con il tempo questi ultimi hanno iniziato ad adeguarsi alla nuova normativa, seppure non in modo uniformesul territorio e non con le stesse modalità, ed il problema è lentamente ma inesorabilmente affiorato. Una richiesta di chiarimenti da parte della Associazione Professione Acqua NET rivolta sia al Ministero dello Sviluppo Economico sia ad Unioncamere, l’associazione delle Camere di Commercio, ha chiarito ogni dubbio restante, affermando che anche per le aziende che si limitano a realizzare l’impianto di trattamento acqua della piscina, senza collegarlo all’acquedotto, è obbligatorio produrre la dichiarazione di conformità ex D.M. 37/08.
Per poter produrre la dichiarazione di conformità è necessario che la visura camerale, che va allegata alla dichiarazione, riporti l’iscrizione per la lettera “d”.
Il problema che spesso risulta essere molto difficile da risolvere è quello di essere in possesso dei requisiti previsti per l’iscrizione. Tali requisiti sono elencati all’articolo 4 del D.M. e prevedono in capo al Responsabile Tecnico dell’impresa, che può coincidere con il titolare oppure essere legato ad essa da un vincolo di subordinazione, il possesso di requisiti tecnico-professionali precisi.
Tali requisiti sono, in alternativa:
a) diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta;
b) diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo, con specializzazione relativa al settore delle attività di impiantista di cui all’articolo 1 del DM 37/2008, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d (impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura e specie) è di un anno
c) titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d (impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura e specie) è di due anni;
d) prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell’operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell’apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1 del D.M.37/2008.
Il probema è in molti casi risolvibile, ma se non lo è l’unica alternativa resta quella di assumere un laureato in una delle tre lauree previste dal decreto come immediatamente abilitanti: architettura, ingegneria o fisica, e nominarlo Responsabile Tecnico dell’impresa. Dopo quattro anni l’abilitazione passa in capo all’impresa stessa ed il ruolo di Responsabile Tecnico può essere svolto dal legale rappresentante.
Molte aziende del settore si sono ritrovate quindi senza iscrizione e senza requisiti per potersi iscrivere, situazione che rende, di fatto, abusiva l’attività.
La competenza dell’accettazione dei requisiti è in capo alla Camere di Commercio, che spesso adottano criteri diversi nelle proprie decisioni. In molti casi, va detto, anche cercando di agevolare la regolarizzazione di situazioni protratte nel tempo non per mancata volontà ma per seplice ignoranza della normativa.E’ quindi necessario consultare la Camera di Commercio territorialmente comptente e valutare con i singoli funzionari situazione e possibilità di adeguamento.
L’articolo 5 del D.M. prevede infine l’obbligo della progettazione degli impianti certificati, che per quanto riguarda quelli di cui alla lettera “d”, cioè gli impianti di trattamento acqua delle piscine, non hanno l’obbligo di essere firmati da un progettista iscritto ad un albo professionale ma possono essere presentati dal responsabile Tecnico. L’obbligo della progettazione riguarda quindi non solo gli impianti delle piscine cosiddette “ad uso pubblico”ma anche le piscine private.
Di questi aspetti si è discusso in una serie di convegni organizzati da Professione Acqua NET, tenutisi a Castiglione delle Stiviere, a Barletta, a Bologna e a Bolzano, sponsorizzati rispettivamente da A&T, Gruppo Fluidra, Culligan e Prominent. Ne è previsto un altro ad Alessandria il prossimo 24 gennaio. L’associazione si è resa disponibile ad offrire ai costruttori una verifica ed una consulenza breve relativamente alla situazione di tutti i costruttori, associati o meno, che ne facciano richiesta.