La certificazione di conformità ex D.M.37/08
La norma in tema di installazioni elettriche ed idrauliche ci ha ormai abituato dal 1990, anno in cui è entrata in vigore la legge n.46, a richiedere agli installatori la certificazione di conformità per gli impianti elettrici, idraulici e termici. Lo si fa, o quantomeno si sa che lo si dovrebbe fare, ogni volta che si realizza un nuovo impianto o si procede ad un intervento di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione, conservando la dichiarazione di conformità tra la documentazione a corredo della attività. Questo documento è importante ai fini della sicurezza degli impianti e, di conseguenza, degli utenti, poiché nel malaugurato caso di incidente è necessario poter dimostrare che l’intervento è stato eseguito correttamente e da un tecnico qualificato per farlo.
Pochi però sanno che la stessa procedura va seguita anche nel caso in cui l’intervento venga eseguito sull’impianto di trattamento acqua di una piscina o di uno scivolo o un gioco acquatico.
In realtà tale obbligo è in vigore dal 2008, anno nel quale il D.M. 37/08 ha integrato la legge 46/90, modificandone in parte anche il campo di applicazione.
Mentre infatti la 46/90 si riferiva esclusivamente agli edifici civili, il campo di applicazione del DM 37/08 è stato esteso a tutte le tipologie di edifici, comprese quelli industriali e le pertinenze. Inoltre è stata modificata la definizione della lettera d) da “gli impianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’acqua fornita dall’ente distributore” a “impianti idrici di qualunque natura e specie”.
Questo accadeva nel 2008 e, come purtroppo spesso succede, la portata della modifica non è stata colta da molti piccoli artigiani che hanno continuato la propria attività senza approfittare della opportunità offerta dalle Camere di Commercio di adeguare il proprio status con un semplice passaggio amministrativo, né dagli uffici tecnici della maggior parte dei Comuni, che hanno continuato a non richiedere le certificazioni di conformità per gli impianti che non rientravano nella legge 46/90. Va detto che anche molte Camere di Commercio non si sono accorte delle “nuove” professioni da certificare, continuando ad iscrivere aziende artigiane che si occupano di impianti di trattamento acqua per piscine, fontane, irrigazione, senza richiedere i requisiti per la corretta qualificazione.
Lo scoglio più difficile da superare sta proprio nei requisiti necessari per la qualificazione di una impresa per i lavoro impiantistici, poiché è necessario che nell’organizzazione stabile della stessa sia individuato il Responsabile Tecnico, colui sul quale ricade la responsabilità della correttezza dei lavori eseguiti, che deve avere precise qualifiche di formazione scolastica o di esperienza di lavoro presso azienda già qualificate.
Per la struttura della stragrande maggioranza delle aziende italiane che operano in questo settore sotto forma di micro imprese artigiane, spesso la figura del direttore tecnico è un ostacolo insormontabile da superare, perché laddove il legale rappresentante /proprietario non possegga i requisiti necessari, l’unica via possibile è l’assunzione di un laureato. Una strada talmente onerosa da rivelarsi spesso non percorribile.
Nel corso del tempo gli uffici tecnici comunali si sono adeguati alla normativa ed hanno cominciato a richiedere le certificazioni di conformità, nella confusione delle camere di Commercio che in molti casi ne negavano la necessità. L’associazione ProfessioneAcquaNET insieme ad ANESV hanno quindi deciso di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico un chiarimento, che ha confermato la necessità della certificazione di conformità per qualunque tipologia di impianto idrico, compresi quelli di trattamento acqua per le piscine.
L’impianto di trattamento acqua di una vasca, quindi, soggiace alle stesse prescrizioni degli impianti elettrici: ogni volta che viene eseguita una modifica è necessaria l’emissione della certificazione di conformità. La certificazione di conformità prevede l’obbligo di seguire le norme tecniche relative allo specifico impianto. Nel caso di una piscina si tratta della Norma UNI 10637 e delle norme EN in essa citate, che diventano quindi di fatto obbligatorie essendo obbligatoria la certificazione di conformità!
Tale certificazione richiede la produzione di una serie di altra documentazione a corredo, vediamo quale.
La progettazione
All’articolo 5 del DM così come al punto 5.9.2 della Norma UNI 10637 si indica la necessità di provvedere ad una progettazione integrata degli impianti di trattamento nel loro complesso, svolta da tecnici qualificati.
Sul termine qualificati si può discutere, nel senso che il DM chiarisce che non vi è l’obbligo dell’iscrizione ad un albo professionale, ma sicuramente si parla di progettazione vera e propria e di un tecnico (che può essere il direttore tecnico della stessa azienda) che se ne assuma la responsabilità, firmando con nome e cognome e rispondendo, di conseguenza, di eventuali errori di dimensionamento o di valutazione.
Il verbale di consegna
Il punto 5.9.3 della Norma UNI 10637 tratta del verbale di consegna dell’impianto funzionante, che va redatto in contraddittorio tra il costruttore, il progettista ed il committente e che stabilisce il buon funzionamento e la rispondenza alle norme dell’impianto nel suo complesso e di tutte le componenti di cui è costituito.
E’ possibile indicare nel verbale alcune eventuali riserve, per le quali però va concordato un termine entro il quale devono essere risolti i problemi che le hanno generate.
La scheda descrittiva dell’impianto di trattamento
Si tratta in pratica di una relazione tecnica che illustri gli aspetti principali dei quali è costituito l’impianto, riportata al punto 5.9.4 della Norma UNI 10637. Tale scheda dovrà contenere:
– tipologia e specifiche di progetto dell’impianto;
– altra documentazione tecnica (portata, pressione, diametro tubazioni, potenze
elettropompe, volumi, ricicli, ecc.) relativa ai componenti degli impianti di
circolazione, di filtrazione, di disinfezione e trattamento chimico, anche allo scopo di
poter identificare eventuali ricambi necessari.
Identificazione funzionale degli impianti
Al punto successivo, il 5.9.5, si prescrive che il costruttore deve provvedere ad etichettare le parti dell’impianto in modo da renderle facilmente identificabili e renda comprensibile e sicuro il loro funzionamento.
Nel locale tecnico deve essere esposto uno schema funzionale, che va consegnato al committente anche secondo il DM 37/08, riferito all’impianto specifico, che richiami nella terminologia e nei simboli l’identificazione funzionale riportata sui componenti.
Manuale di conduzione e manutenzione
Deve essere redatto uno specifico manuale di conduzione e manutenzione dell’impianto consegnato, secondo quanto riportato dalla Norma UNI 10637 al punto 5.9.6.
In questo manuale devono essere riportate indicazioni specifiche riguardanti la messa in funzione, l’esercizio, la chiusura e la manutenzione degli impianti, con indicazioni chiare e precise per intervenire in caso di guasto o mal funzionamento.
Prova colore
In caso di nuova realizzazione o di ristrutturazione che preveda la modifica dell’impianto di trattamento acqua e/o di circolazione, va obbligatoriamente redatta una prova colore, che deve essere ripetuta ogni cinque anni.
Vista la proverbiale refrattarietà dei costruttori alla redazione di documenti cartacei, si è diffusa in questi ultimi tempi l’abitudine a commissionare a terzi la redazione di tale documentazione, esponendone il costo a parte nel preventivo. E’ evidente che il committente sarà portato a farne a meno, ignorando le possibili conseguenze del proprio gesto, ma lo stesso costruttore mette in atto un comportamento pericoloso per se stesso, esponendosi sia al rischio di non vedersi remunerato il lavoro perché non eseguito secondo le regole tecniche stabilite dalla normativa, sia ad eventuali ritorsioni nel caso di incidente.
Il costo della parte progettuale, infatti, fa parte integrante dello svolgimento di un lavoro e non è un aspetto del quale è possibile fare a meno.
E’ importante ricordare che il DM 37/08 prevede l’obbligo per il committente di affidare i lavori ad aziende qualificate. L’obbligo, si badi bene, non la facoltà.
Nessun installatore soggetto alle certificazioni impiantistiche già da tempo normate dalla legge 46/90 accetterebbe di correre il rischio di realizzare un impianto non a norma o di non certificarlo. Se il settore delle piscine non si adeguerà presto, purtroppo, saranno i tribunali a decidere del destino di molti installatori e di clienti quanto meno sprovveduti, se non davvero incoscienti.